ARCHITETTURE E PAESAGGI DI PIETRA. ESPERIENZE DEL NOSTRO TEMPO

Domenica 16 aprile

Inaugurazione H. 11:00

Castello Svevo, Trani

A cura di Dipartimento ArCoD

Contatti: +39 3278773894 (34°Fuso) info@stonelandfest.it

Domenica 16 aprile alle ore 11 il Festival di Architettura approda a Trani, al Castello Svevo, con l’inaugurazione della mostra “Architetture e paesaggi di pietra. Esperienze del nostro tempo” a cura del Dipartimento ArCoD.

In questa Mostra sono raccolte alcune delle esperienze progettuali più significative, prodotte in ambito internazionale, che si sono prodotte in riferimento ad una idea di architettura segnata dalla materia della sua costruzione: la pietra. 

La Mostra propone un raffronto tra principi compositivi e tecniche formative sviluppati dalle diverse ‘culture’ europee (italiana, tedesca, francese e spagnola) del progetto di architettura. Sono stati perciò selezionati progetti che hanno valore esemplare per i modi con cui interpretano l’espressività della costruzione in pietra sia alla scala del progetto di architettura che a quella del paesaggio. 

Guardando queste interpretazioni contemporanee delle forme dell’architettura in pietra si torna a riflettere sul senso della ‘costruzione’ e sul valore estetico della ‘solidità’, come carattere consustanziale della forma costruttiva ma anche sul significato della ‘durata’, come tempo distintivo della forma architettonica.

Il sistema strutturale-formale trilitico viene indagato a fondo da Max Dudler: al ritmo compositivo di eleganti ‘partiture’ è affidata la composizione delle facciate urbane dei suoi edifici. Attraverso il loro disegno e la loro matericità le opere dell’architetto tedesco instaurano un dialogo sottile con la tradizione classica, evocando contemporaneamente il razionalismo strutturale di un ‘ordine’ trabeato e la forma ‘scolpita’ del muro. Davanti alle sue costruzioni si ha la sensazione di trovarsi di fronte a solidi di pietra scavata o intagliata.

Nelle architetture di Gilles Perraudin la costruzione muraria definisce il suo tono espressivo attraverso la ‘massività’ che contraddistingue gli elementi lapidei. Le opere dell’architetto francese appaiono segnate dalla materialità e dallo ‘spessore’ del muro: un principio di radicale semplicità le pervade definendone il carattere. Nell’aura di queste forme risuona l’atmosfera solenne prodotta dai monoliti solitari di Stonehenge, momento originario della ‘costruzione’ a cui l’architettura sarà debitrice per sempre.

Il modello fisico è il modo di rappresentazione dei progetti prediletto da Renato Rizzi. Un modo che è di per sé una critica radicale alla bulimia delle ‘immagini’ che connota il nostro tempo. Un modo di rappresentazione che esalta il valore spaziale dell’architettura e il suo costituirsi come forma di un rito. Lo spazio della Cattedrale di Salomon, nel progetto dell’architetto italiano, si invera attraverso lo scavo della roccia di cui si costituisce l’isola di Lampedusa. Nulla affiora fuori dal profilo roccioso dell’isola. Lo spazio architettonico è piuttosto la misura dello spessore di ‘pietra’, che identificando Lampedusa, emerge dal mare.

Nei progetti degli architetti paesaggisti spagnoli Imma Jansana e Batlle i Roig, i temi affrontati si collocano nella dimensione del paesaggio. Nel progetto per il ripristino paesaggistico del Dipòsit Controlat del Garraf di Batlle i Roig Arquitectes così come nel progetto per la Pedrera de la Vallensana dello studio Jansana, De La Villa, De Paauw Arquitectes, l’agire del progetto è sostenuto da saperi disciplinari plurimi: dall’ingegneria ambientale alla geotecnica, dall’agronomia all’architettura questi saperi concorrono alla ‘creazione’ di nuovi luoghi nelle cave dismesse. Terrazzamenti, terrapieni, percorsi e canali irrigui, insieme ad aree coltivate e aree boschive, danno forma al ‘riuso’ di questi paesaggi. La modificazione della topografia, la piantumazione di vegetazione a macchia mediterranea alternata alla coltivazione di piante e erbe native, determinano nuovi sistemi agricoli – nuovi paesaggi – che riportano la vita in luoghi che l’avevano perduta.

Responsabili scientifici della mostra sono Vitangelo Ardito, Marco Mannino (Dipartimento ArCoD). 

La mostra resterà aperta fino al 30 aprile.